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NICOLÒ QUIRICO - I supervisori, 2020, stampa fotografica su collage di pagine di libri d'epoca, cm 100x100

 

 

 

Nicolò Quirico (Monza, 1966) si occupa di comunicazione visiva ed editoria, dal 1985, anno in cui si è diplomato all'Istituto Statale d'Arte di Monza. Dal 1996 al 2004 si occupa dell'organizzazione del premio Morlotti-Imbersago e al contempo inizia la sua ricerca artistica. Partendo dall'utilizzo del mezzo fotografico creare installazioni di matrice concettuale, stampando le immagini su collage di pagine di libri d'epoca. Ne nascono raffinati incontri tra immaginazione e memoria, tra storia e fantasia, come la mostra itinerante dedicata al fiume Adda e il Bestiario dell'ora blu, pubblicata sulla rivista Il fotografo. Nel 2009 vince la seconda edizione del Premio nazionale organizzato dalla Fondazione Vittorio e Piero Alinari di Firenze Fotografare il territorio.

Parole. Conoscenza. Memoria. Le basi su cui può poggiare il futuro devono essere solide, come quelle di un edificio.
Così la fotografia diventa un mezzo per raccontare i legami culturali che ci rendono appartenenti e partecipi di un territorio. Vecchie pagine di libri dimenticati sono usate come base per la stampa. Le parti con i testi diventano lo spazio per delineare le architetture, mentre i fogli non stampati rimangono vuoti. Un vuoto che non è assenza, ma che può essere interpretato come un "ancora da scrivere", oppure uno spazio libero, dove fantasie e sogni sono liberi di esprimersi.
Così frammenti di frasi, sequenze di racconti, incipit di romanzi si sovrappongono alle architetture creando rimandi non casuali, anche se talvolta criptici o misteriosi, perché i libri sono stati scelti dall'autore in modo che creassero una sintonia con i soggetti ritratti. La storia e le esperienze diventano parte fondante non solo dell'architettura, ma fondamenta a volte invisibili che ci accompagnano inseparabili.
"Di quest'onda che rifluisce dai ricordi la città s'imbeve come una spugna e si dilata. Una descrizione di Zaira quale è oggi dovrebbe contenere tutto il passato di Zaira. Ma la città non dice il suo passato, lo contiene come le linee d'una mano, scritto negli spigoli delle vie." Così scrive Italo Calvino ne "Le città invisibili", e così ogni pagina di libro è un mattone che costruisce un edificio della nostra cultura.
E nel contempo vi è un ulteriore spunto. A un primo sguardo le parole non si vedono: viste da lontano, le immagini sembrano puramente descrittive. Ma se si osservano da vicino, e ci si prende il tempo per farlo, appare la tutta la complessità strutturale su cui poggiano, i diversi piani espressivi che sommati diventano l'interezza della nostra conoscenza, fatto di visibile e invisibile.

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