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Alfio Giurato, nato a Catania nel 1978, si laurea nel 2005 in pittura presso l’Accademia di Belle Arti di Catania con il massimo dei voti e con una menzione speciale per essersi distinto nel suo percorso accademico.
La forma, intesa come significante, per poter diventare portavoce di significati “altri”, aperti alla libera e personale interpretazione di chi si relaziona con essa, deve dimenticare se stessa, liberarsi dalla sua scorza e dal senso comune che ne permette la riconoscibilità.
Forme che prendono fortemente le distanze dalla sterile, inutile e virtuosistica rappresentazione del reale, volutamente “malate”, distanti dalla visione classica dei greci del V° secolo a.c., che non avrebbero mai permesso che le loro sculture venissero “sporcate” da queste impurità compromettendone la bellezza, l’equilibrio e il virtuosismo tecnico.
Il gesto pittorico, piuttosto che accarezzare le figure tornendole e modellandole seguendo soltanto le indicazioni delle luci e ombre così care al recupero della forma, si arricchirà con elementi nuovi come: graffi, grumi di materia, strappi e soluzioni formali indefinite che cercheranno di restituire delle figure diverse, libere da facce menzognere che ne occultavano la “verità”, inevitabilmente contaminata dal dubbio, dall’apatia, dall’alienazione e quel sentimento nichilista così presente nei nostri giorni.
Alberto Agazzani, che a lungo ha seguito la ricerca dell'artista, descrive così la sua pittura:
“La solitudine è l’ambito prediletto dal giovane Alfio Giurato. Più che altrove il pittore trasforma le sue immagini in esasperate metafore, lontane da qualunque realismo possibile, del terrore inquieto e ineluttabile che ammorba i nostri giorni. Figure ideali, dalle forme protese fra idealismo ed espressionismo, fra bellezza ed orrore; uomini e donne in eterna fuga da loro stessi, prigionieri di gabbie e di spazi conclusi che altro non sono se non il labirinto impossibile della propria mente”.
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