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La serie di opere che Riccardo Paternò Castello (Catania, 1980) ha realizzato nel corso dell'ultimo anno è ispirata ai grandi Maestri della pittura italiana. Un'omaggio alle radici che non si limita alla ripetizione accademica delle opere, ma indaga analogie e approfondisce l'approccio pittorico attraverso una rielaborazione delle immagini. In alcuni casi, imbattutosi nelle analisi ai raggi X delle superfici dei dipinti, è rimasto affascinato dalle costruzioni e dalla apparente semplicità del gesto pittorico. In altri, ha sovrapposto due opere per evidenziare uno schema ricorrente e analizzare come i dipinti, e la storia, siano concatenati uno all'altro.
Nell'opera in mostra vengono studiate e "mixate" due opere di Bartolomeo Schedoni: la "Deposizione" e le "Marie al Sepolcro", entrambe realizzate tra il 1613 e il 1614 e conservate alla Galleria Nazionale di Parma. Due momenti, o come diremmo oggi, due istantanee, che narrano in rapida successione il racconto della crocifissione come è descritta nei Vangeli. In entrambe le opere, Schedoni punta a creare un'opera fortemente coinvolgente dal punto di vista emozionale, impiegando un uso teatrale del colore, delle luci e della gestualità dei suoi personaggi. Coevo di Caravaggio e sulla cui vita non sono state tramandate molte informazioni, morì anch'egli giovane (nel 1615 a 37 anni), accostato forse erroneamente ai Carracci e al Correggio, ha sicuramente rielaborato, specialmente nei dipinti dell'ultimo periodo, un linguaggio caravaggesco.
Più che l'aspetto decorativo, a Riccardo Paternò Castello interessa il ritorno al segno, svestito di tutti gli orpelli ornamentali, per ricondurre all'essenza la drammaticità dell'evento.
La tecnica usata è la sottrazione: con solventi decolora un tessuto nero fino a lasciare apparire le figure. Un atto veloce, che non permette correzioni di sorta: quello che è cancellato non può essere ricostruito. La trasformazione della materia, più che l'aggiunta, è l'aspetto fondamentale del lavoro che lo fa avvicinare come approccio al modus operandi di uno scultore, che lavora per sottrazione. Ricondurre il significato alla sostanza, svuotando inutili estetismi, è il messaggio di speranza di un ritorno all'essenza delle cose.
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[opera in galleria]
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BIOGRAFIA
Riccardo Paternò Castello è nato a Catania nel 1980. Dopo aver frequentato le Accademie di Belle Arti di Roma e di Firenze, si trasferisce a Milano dove si diploma nel 2002 all'Accademia di Belle Arti di Brera.
Tra le personali recenti si ricordano "Watercolors" a Capitre XII di Bruxelles (2004), "Ritratti e paesaggi" allo Spazio A di Milano (2015), "De Profundis" da Area35 Art Gallery di Milano (2018), "Blind Date" allo Studio Rospigliosi di Milano (2019) e "Milanese attitude" allo Showroom Piazza Sempione di Milano (2019).
Tra le collettive "The road to contemporary art" al Macro Testaccio di Roma (2010), "Pass on your passion" alla Deutche Bank di Londra (2012), "Pitture nel buio. Riccardo Paternò Castello e Lorenzo Puglisi" allo Studio Rospigliosi di Milano (2018), "Pret-à-papier" a Palazzo Borromeo di Milano (2018) e "Noli me tangere" allo Studio Rospigliosi di Milano (2020).
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